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Wonder Woman - Recensione

Wonder Woman - 2016 - RecensioneArriva in sala un nuovo tassello dell’universo cinematografico DC. Poche meraviglie e molta convenzionalità in un cinecomic che fatica a coinvolgere realmente lo spettatore

L’idea di un lungometraggio dedicato alla regina delle Amazzoni risale al 1996, quando Ivan Reitman venne ingaggiato per scrivere e dirigere l’adattamento del personaggio creato da William Moulton Marston. Il progetto naufragò, subendo negli anni continui rinvii e cambi creativi, passando inutilmente prima nelle mani di Joss Whedon, e poi in quelle di Michelle MacLaren. Il recente tentativo di portare sul grande schermo l’universo espanso dei personaggi DC è stato quindi l’occasione ideale per inserire Diana Prince (interpretata da Gal Gadot) nella continuity introdotta da Zack Snyder con Batman vs Superman. Il regista e produttore ha confezionato infatti la storia, affidando la stesura della sceneggiatura ad Allan Heinberg che, curiosamente, ha curato nella sua carriera quasi esclusivamente serie televisive. La scelta non è forse casuale, in quanto Wonder Woman ripropone varie contaminazioni di genere mescolando nuovo e rétro, adottando un registro più leggero che sembra inseguire le tendenze del pubblico meno esigente.
Il risultato è una visione dai toni molto diversi rispetto ai precedenti lavori supereroistici: più ironia, meno ambizioni immotivate, rinuncia al tentativo di trasposizioni adulte e cupe. Tuttavia, l’impronta ipertrofica di Snyder si avverte fortemente nella costruzione della pellicola, manifestando tutti i difetti tipici delle sue produzioni: sbilanciamento narrativo, tendenza all’accumulazione, caratterizzazione superficiale dei personaggi. Heinberg non riesce a dare profondità alle vicende e ai suoi protagonisti, esitando nella costruzione di un racconto che fatica a delineare un vero sviluppo emotivo, e che cede spesso alla retorica e ai sentimenti a buon mercato. Questo nonostante il tentativo di proporre una rivisitazione della famosa eroina che poggia proprio sulla comprensione della natura delle pulsioni umane, attraverso un approccio che funziona in maniera adeguata nella prima parte, ma fallisce nella seconda metà più incentrata sull’azione e sulla componente drammatica. D’altronde il banale espediente di articolare l’intero film in un lungo flashback sacrifica ogni possibile spunto di interesse, aderendo presto alle dinamiche più scontate delle classiche storie di formazione. Non a caso i momenti più riusciti di Wonder Woman sono quelli di alleggerimento, con alcune battute ben assortite e una divertente tensione fra Gal Gadot (spesso assai poco credibile) e l’infatuato Chris Pine (afasico non per bravura).
La regia Patty Jenkins prova a dare coerenza e solidità alla sceneggiatura, ma non è in grado di compensare lo squilibrio fra il prologo introduttivo e l’epilogo roboante. Proprio nelle scene d’azione emergono i limiti maggiori, frutto di eccessi a volte ridicoli e di una di una computer graphic non sempre all’altezza. Anche alcune soluzione visive appaiono prevedibili e scolastiche, malgrado la discreta fotografia di Matthew Jensen (già apprezzato in Chronicle). Pur contando su un’abbondante durata, l'alternanza sullo schermo dei personaggi ha spesso momenti di sbandamento, con una gestione dei tempi altalenante e una tendenza sbrigativa alla chiusura delle trame collaterali.

Wonder Woman risulta nel complesso un’occasione sprecata, l’ennesimo lavoro deludente della coppia DC/Warner. Una pellicola a cui mancano persino dei villain carismatici in grado di dare interesse e fascino agli avvenimenti, e che si limita a una sterile operazione di aggiornamento di un’icona del fumetto senza preoccuparsi realmente di inserirla all’interno di un immaginario cinematografico mai così frammentario e dispersivo.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 2.5

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Simone Tricarico

Pensieri sparsi di un amante della Settima Arte, che si limita a constatare come il vero Cinema sia integrale riproduzione dell’irriproducibile.

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