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Tutta la bellezza e il dolore - Recensione

La vita di Nan Goldin, fotografa, artista, attivista, prende forma e spiegazione nel documentario Leone d’oro alla Mostra del Cinema 2022 diretto da Laura Poitras. Ma qual è il centro di interesse del documentario?

Il documentario inizia dalla sala Sackler del Metropolitan Museum of Art di New York in cui Nan Goldin e gli altri attivisti del gruppo P.A.I.N. da lei stessa fondato, denunciano i crimini dell’azienda farmaceutica Purdue Pharma, fondata dalla famiglia Sackler, produttrice dell’ossicodone che ha causato migliaia di morti per overdose da farmaco dal 1999 al 2019. Nella macchina da presa di Laura Poitras, la regista, così, prende avvio il racconto della vita della fotografa americana Nan Goldin che si intreccia indissolubilmente negli ultimi anni con la sua battaglia per il riconoscimento della responsabilità penale e morale della famiglia Sackler in questa diffusa strage legalizzata. Sullo schermo, pertanto, scorrono le fotografie, alcune realizzate dalla stessa fotografa, altre appartenenti alla sua famiglia, miste a dialoghi, filmati che mostrano e dimostrano la sua vita non facile, il tutto consacrato dal racconto verbale continuo della donna in sottofondo. Lo spettatore, così, entra in contatto con le origini della sua famiglia, colta e benestante, dell'infanzia e adolescenza di Nan resa complicata dalla morte a 18 anni della sorella Barbara, poco incline a sopportare lo stile di vita puritano dei genitori, a tal punto da togliersi la vita autonomamente. Ciò scaturisce nella fotografa la volontà di abbandonare la sua casa molto giovane, i problemi con la droga e la scoperta della fotografia, forma d’arte in grado di immortalare un’umanità non convenzionale. Nella frequentazione assidua, inoltre, di Goldin del club The Other Side di Boston, punto di riferimento della cultura underground della città, si forma l’idea del suo reportage in bianco/nero del mondo delle drag queen. Queste sono mostrate nella macchina fotografia della donna, e sullo schermo cinematografico, nella loro essenza, naturalezza, fisicità, e in tutto ciò che è la loro vita. Le fotografie scorrono sullo schermo e mettono in risalto un racconto di un’America degli ultimi. Quando, infatti, la fotografa si trasferisce a New York ritrae la scena punk e new wave, l’eroina, e lo stato di vita di parte della generazione degli anni Ottanta che abusava di droga e alcool. Questo flusso narrativo è, inoltre, scandito nel montaggio del documentario, oltre che dalle fotografie, anche dall’ultima battaglia, in ordine di tempo, di Goldin la quale sfruttando la sua influenza come artista affermata vuole denunciare i crimini della famiglia Sackler. La sfera pubblica e privata, politica e sociale, intima e globale della fotografa americana emerge dalla visione di Tutta la bellezza e il dolore ed è la sua stessa arte a raccontarla. Lo spunto registico pensato da Poitras per raccontare la figura della fotografa attira l’attenzione dello spettatore. Guardando le sue fotografie, osservando i suoi punti di vista, riflettendo sulle imprecisioni tecniche che contraddistinguono i suoi ritratti, come il fuori fuoco, le sovraesposizioni, i tagli di inquadratura spesso focalizzati a mostrare la non conformità estetica del soggetto, la regista americana mostra l’arte della Goldin e dimostra la condizione di vita di molti ultimi americani nella seconda metà del Novecento. Fino a qui il documentario funziona.
Questo flusso di racconto e di immagini, come detto, è spesso intervallato dalle azioni e dalle parole della fotografa e del suo gruppo di attivisti, dai loro happening e manifestazioni condotti nei musei contro le sale dedicate alla famiglia Sackler, finanziatrice di acquisizioni di opere artistiche in cambio di detrazioni fiscali e di qualche lavaggio di coscienza dai profondi mali creati dalla diffusione dei loro farmaci. Questa parte è raccontata con uno stile ben diverso. La camera a mano di Poitras segue le parole, le dichiarazioni di Goldin, inquadra le proteste, cerca di imprimere nella mente di chi guarda le caratteristiche di questa battaglia. Ma per quale scopo? Sottolineare il carattere battagliero dell’artista nel cercare di dare giustizia agli ultimi e alle vittime, come emerso dalle sue fotografie o rendere manifesto una stortura storica e sociale nella storia degli Stati Uniti di cui poco si parla? L’obiettivo di Tutta la bellezza e il dolore, pare essere l’arte di Nan Goldin, il suo racconto di persone in fuga dall’America o vittime del suo sistema. Allora perché cambiare così nettamente stile registico, così da portare confusione in chi guarda e relativa scarsa attenzione? Questo accade perché la regista quando inquadra le proteste di Goldin e del gruppo P.A.I.N., fa vedere un determinato aspetto della battaglia. Il documentario non segue le azioni del gruppo, le sue riunioni, le sue parole e discorsi, ma ne propone solo una parte, un frammento. Sembra non esserci la naturalezza e il racconto spontaneo, caratteristiche ontologiche del documentario, ma solo la necessità di isolare determinate frasi accusatrici e slogan contro la famiglia Sackler. E poi non c’è il loro punto di vista. Magari non l’hanno concesso, allora perché non dichiararlo? Magari non è così importante ai fini della storia di vita e di lotta di Nan Goldin, e allora perché dedicare una buona parte del racconto documentaristico, mostrandola convinta e tenace nella sua denuncia? Come già notato in Citizenfour, il documentario più famoso di Poitras, un alone di finzione, di studiato ad hoc, si interseca nelle direttrici del documentario. Questo non vuole mostrare il non vero, ma mostrare il vero in un’ottica non del tutto chiara. Il cambio di registro registico tra la parte della lotta tra Goldin e la famiglia Sackler e la storia intima della fotografa ne è una chiara manifestazione. Il finale, poi, positivo e trionfalistico ne è il suggello.

In conclusione, Tutta la bellezza e il dolore convince fino a un certo punto. Al termine non è chiaro il suo scopo cinematografico, artistico. L’arte di Nan Goldin? La sua eredità? Il riconoscimento morale dei crimini della famiglia Sackler? Altro dubbio. Considerando i film in concorso alla Mostra del Cinema 2022, questo documentario meritava davvero il Leone d’oro? 




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 2.5

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Davide Parpinel

Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.

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