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The Dazzling Light of Sunset - Recensione

Continua il nostro approfondimento sul cinema georgiano contemporaneo. Sotto la lente di ingrandimento abbiamo messo il primo documentario di Salomé Jashi, la regista di Taming the Garden, che nel suo esordio pone le basi, visive, concettuali e poetiche della sua cinematografia. Il documentario è visibile su Mubi e su Netflix

Il compito di Dariko, unica giornalista della televisione locale di Tsalenjikha, Georgia occidentale, in collaborazione con il suo cameraman, tecnico del suono, montatore Khaka, è di trasmettere le notizie di cronaca e ordine pubblico ai suoi 9.000 abitanti. Oltre a questo, la coppia si interessa anche alla vita della comunità, seguendo e documentando i principali eventi, avvenimenti, successi e scoperte dei suoi cittadini, offrendo un resoconto imparziale e onesto. C’è, però, qualcosa che li preoccupa e che può mettere in discussione l’autenticità di quanto è mostrato.
L’esordio documentaristico della regista georgiana Salomé Jashi nel 2016 (in precedenza Jashi aveva diretto Their Helicopter, un corto documentario nel 2006 e un documentario per la televisione nel 2011 intitolato Bakmaro heißt paradies), prima di Taming the Garden, mostra i reportage della giornalista Dariko e del suo operatore, Khaka, nella comunità georgiana. Per comprenderne il significato è necessario partire dalla fine. Nelle scene finali Dariko e Khaka di fronte alla macchina da presa esprimono la loro perplessità su quanto visto nel doc di Jashi che potrebbe causare loro delle noie lavorative. In particolare Khaka sostiene che il punto di vista adottato dalla regista nel seguire la loro azione di reportage, potrebbe allontanare il turismo dalla Georgia. Ciò che mostra The Dazzling Light of Sunset è quindi finzione o realtà? La risposta la fornisce il documentario stesso. Sullo schermo lo spettatore osserva i preparativi per un concorso di bellezza in cui una severissima donna insegna alle giovanissime partecipanti a camminare con i tacchi di quindici centimetri; tale visione si intreccia con il servizio di Dariko su un gufo "gigante" scoperto nel bosco. Ancora, a una festa di matrimonio, esteticamente molto sopra le righe, si vede una processione di uomini che trasportano un cerbiatto arrostito tra le tavolate degli ospiti decisamente alticci. Subito dopo, Jashi entra in una silenziosa chiesa, dove un prete si sta preparando per la messa in una chiesa asciutta e scarna, decorata solo con alcune croci di legno appoggiate sulle pareti nude. La regista sembra, così, procedere per contrasti, per visioni quasi stridenti tra loro. Un gruppo di anziani reclama con un funzionario della mancanza di acqua nel villaggio, mentre altre persone con problemi finanziari o di salute fanno visita al governatore comunale prima delle elezioni. Tornati nello studio televisivo in cui Dariko annuncia le notizie in merito agli aumenti delle tasse, avviene un dibattito politico da lei moderato. Intanto un gruppo di persone ammira i fuochi d’artificio, mentre altre assistono alla sepoltura di un soldato. Tutto questo e molto altro è Tsalenjikha, e la documentarista georgiana sembra non toccare nulla: mostra ciò che vede. La sua macchina da presa, infatti, è posta a debita distanza ed è sempre fissa mentre inquadra quanto accade, montando successivamente una narrazione in cui emerge che la vita degli abitanti della città è scarna, secca, difficile. Stanno passando da una vita nella tradizione, l’accecante luce del tramonto, a una più moderna. Proprio questo passaggio sembra particolarmente interessare alla regista che infatti a incipit del suo documentario muove la macchina lungo una palestra scalcinata in cui poste su un palco ci sono quattro persone che intonano una canzone accompagnati da un panduri (strumento tradizionale georgiano simile a una chitarra a tre corde).

Seguendo le più classiche e precise regole del documentario, Jashi osserva e mostra la vita di questa piccola comunità georgiana, i suoi più piccoli episodi di vita e i mutamenti di una società conservatrice influenzata dalla modernità. È quindi realtà o finzione ciò che appare sullo schermo? Allo spettatore la risposta. Ciò che è sicuro, è il percorso visivo di Salomé Jashi, chiaro, netto, preciso, puro e secco, come gli abitanti dei paesi georgiani che incontra. 




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3

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Video

Davide Parpinel

Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.

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