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Quo vadis, Aida? - Recensione

Tra Storia e dramma personale, tragedia nazionale e sconfitta dell'Umanità, Quo vadis, Aida? è lavoro che si distingue per il grande impegno civile e per la pietas umana che trasmette nel racconto dell'episodio più orribile delle Guerre Balcaniche che indigna la società civile

L'11 luglio del 1995, al culmine della lunga Guerra Balcanica che nacque dalla dissoluzione della Jugoslavia, si consumò nell'enclave musulmana di Srebrenica il più grave atto bellico contro civili consumato sul suolo europeo dai tempi della seconda guerra mondiale: quasi 9.000 uomini tra i 12 e i 77 anni furono arrestati, torturati, uccisi e gettati in fosse comuni, oltre al forzato esodo delle donne dei vecchi e bambini con tanto di stupro etnico a carico delle donne musulmane della cittadina, il tutto sotto l'ebete impotenza dei caschi blu olandesi che dovevano garantire la safe zone instaurata dall'ONU a Srebrenica proprio per proteggere gli abitanti dell'enclave dalle prevedibili violenze dei serbi, giunti in città al termine di un assedio durato numerosi mesi.
Jasmila Žbanic, autorevole voce cinematografica bosniaca, ospite ormai abituale nelle rassegne cinematografiche più importanti, ha portato alla Mostra del Cinema di Venezia 2020 il suo racconto di quel drammatico giorno che ha segnato il destino e la vita di un intero popolo, oltre a scuotere le coscienze di tutto il mondo civile: Quo vadis, Aida? è infatti la ricostruzione dei fatti, con buona aderenza storica, attraverso gli occhi di Aida appunto, una insegnante di inglese che lavorava presso la sede dei caschi blu dell'ONU come interprete.
Sostituendo soltanto l'identità dei personaggi, la regista si ispira ad un fatto realmente avvenuto, mettendo il dramma personale al centro del racconto ma guardando con la prospettiva personale della protagonista quanto stava avvenendo intorno a lei con il disperato tentativo di salvare la sua famiglia utilizzando il suo ruolo in qualche modo privilegiato, ma nello stesso tempo mettendo in evidenza la sua impotenza assoluta di fronte a quanto si stava preparando ad accadere in quella giornata d'estate di 25 anni orsono che avrebbe sconvolto per sempre le esistenze degli abitanti della cittadina.
Tutto il film della regista bosniaca si affida alla cronaca per presentare gli eventi e alla prospettiva di Aida per descrivere il dramma della donna, ma di fatto di tutti gli abitanti, di fronte a quanto stava accadendo, non evitando certo le sommesse denunce, ampiamente dimostratesi giuste, sul comportamento inerme degli olandesi, dell'ONU che tardò ad autorizzare l'intervento aereo, sull'immobilismo ignavo e pusillanime di Boutros Boutros-Ghali, sulle incertezze americane dovute a problemi politici interni e il solito atteggiamento di attesa e pilatesco della politica europea.
Fino alla fine Aida tenta di salvare marito e figli dalla deportazione, e nello stesso tempo vede intorno a sé la disperazione di chi tenta di trovare la salvezza in ogni modo.
L'opera di Jasmila Žbanic non è soltanto animata da un profondo spirito civico, è anche un'accorata denuncia della follia della guerra, soprattutto di quelle in cui non si intravede neppure minimamente un briciolo di motivazione e che, come la guerra dei Balcani, nasce da odi atavici, anacronistici ed etnici, basati su eventi storici avvenuti centinaia di anni prima. Una guerra che ha dissolto una convivenza pacifica raggiunta con grande sacrificio ma che in Bosnia era un esempio per la comunità civile: questo è veramente il colpo mortale che la guerra ha prodotto nella comunità della ex Jugoslavia, dove ancora oggi, vittime e carnefici vivono uno accanto all'altro ben lungi dall'aver superato le divisioni.
Con il bellissimo finale, poetico e quasi trasognato, dove gli sguardi dei carnefici di un tempo non riescono a nascondere l'imbarazzo, la regista ci indica il sentiero da seguire che è quello dell'accettazione dolorosa del passato e di affidarsi alle nuove generazioni, ancora non avvelenate dall'odio, per sperare di ricostruire una comunità multirazziale e multiculturale: lo sguardo di Aida di fronte a vittime e carnefici radunati allo spettacolo dei bambini della scuola scruta il futuro con un accenno di sorriso.

Quo vadis, Aida? è un'opera impegnata, ricca di pathos e di pietas umana, offre momenti laceranti e commoventi, senza mai cadere nella spettacolarizzazione. Ci presenta una donna comune, una piccola eroina a suo modo, che tenta con tutte le sue forze di fermare il dramma che sta per abbattersi in maniera micidiale sulla sua famiglia e sulla sua comunità, che non rinuncia, a guerra terminata, alla sua casa nonostante questo significhi vivere in una città ormai ripulita dai musulmani e a maggioranza serba, inglobata nella repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina, come previsto dai trattati di Daytona che posero fine al conflitto, dove però lei ancora aspetta di poter piangere sui resti dei sui famigliari, man mano che le fosse comuni restituiscono i cadaveri.
Dedicato dalla regista a tutte le donne di Srebrenica e ai loro mariti, padri figli, nipoti e amici morti, Quo Vadis, Aida? rappresenterà la Bosnia agli Academy Awards nella categoria Miglior film in lingua straniera. Nel ruolo di Aida una magnifica Jasna Djuricic intensissima e bravissima nella rappresentazione della forza d'animo e della sua voglia di lottare fino all'ultimo, Johan Heldenbergh è un tribolato colonnello Karremans impotente di fronte all'ignavia dei suoi superiori e alla protervia dei serbi e per finire Boris Isaković è sprezzante al punto giusto nel rappresentare Ratko Mladić, criminale di guerra e responsabile del massacro che il tribunale dell'Aja ha spedito all'ergastolo.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 4

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Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

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