Ottobre 1999, il canale MTV inaugura il contenitore anime night. Una rivoluzione. In prima serata approdano le migliori serie d'animazione recenti prodotte in Giappone. E a inaugurare l'appuntamento settimanale è una serie che farà innamorare gli appassionati, fino a diventare una delle più amate di sempre: Cowboy Bebop. Un successo che qualche anno dopo spinge lo stesso staff guidato dal regista Shinichiro Watanabe a realizzare un lungometraggio di quasi due ore: Cowboy Bebop - Il film (noto anche con il titolo Cowboy Bebop: Knockin' on Heaven's Door).
La trama si incastra, come fosse un lungo episodio, nel contesto della serie composta da 26 puntate. Idealmente poco prima della fine. L'ambientazione in cui si sviluppa la trama è quindi lo stesso, affascinante, futuro distopico. Marte, 2071. Alla vigilia di Halloween, un attacco terrorista provoca più di cinquecento morti ad Alba City. La ricompensa per chi riuscirà a catturare l'attentatore è notevole e attira ovviamente l'attenzione della ciurma dell’astronave Bebop: i cacciatori di taglie Spike, Jet, Faye e la piccola Ed.
Dal punto di vista tecnico l'animazione è di alto livello, anche migliore per dettagli, sfondi, fluidità di quella già ottima della serie. In particolare si nota subito l'ottimo lavoro nelle scene dinamiche, di combattimento aereo e ancora di più nei duelli tra Spike e il suo antagonista, Vincent. Di gran classe le ‘coreografie’ dei loro scontri a mani nude o con armi da fuoco. Le scene d'azione, sicuramente avvincenti, finiscono però con il pesare forse un po' troppo nella narrazione nella quale chi conosce lo sviluppo seriale non ritrova completamente la caratterizzazione degli amati personaggi. Jet finisce per essere un comprimario, leggermente di più si vede Faye. Certo un film che si configura come un'avventura singola, un superepisodio doveva per forza di cose attuare delle scelte. Ma alcune rischiano di non convincere del tutto, di far storcere il naso ai fan. Magari per colpa di un quasi inevitabile pregiudizio. Per esempio la figura di Spike, il protagonista, finisce per presentare qualche incongruenza con quella costruita nella serie televisiva, che seppure con la formula degli episodi autoconclusivi, riusciva a delineare i personaggi con finezza. Il cowboy spaziale qua è un po' più sfacciato e un po' meno malinconico. Tanto che risulta essere maggiormente interessante di lui il villain.  
Parlando di Cowboy Bebop, infine, non si può non ricordare la colonna sonora, firmata ovviamente da Yoko Kanno. L’uso della musica è una delle caratteristiche principali della serie e anche nel film diventa coprotagonista.

Un film che nel complesso, anche pensando alla storia non troppo gloriosa degli spin-off delle serie, merita un giudizio positivo. E che restituisce la voglia di riguardare ancora i ventisei episodi che hanno segnato la storia dell'animazione seriale. Perché non si può mai dire addio a Spike Spiegel, ma solo arrivederci: see you space cowboy.

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