News, recensioni, approfondimenti sul cinema asiatico

Ti trovi qui:HomeCinema e dintorniAsiaAcross Asia Film Festival 2022: intervista a Park Syeyoung

Across Asia Film Festival 2022: intervista a Park Syeyoung

La libertà di sperimentare. Il cinema secondo Park Syeyoung, giovane e talentuoso regista sudcoreano che quest’anno si è fatto notare in molti festival con il suo sorprendente primo lungometraggio The Fifth Thoracic Vertebra

La nona edizione dell’Across Asia Film Festival ha avuto tra gli ospiti Park Syeyoung, giovane regista sudcoreano (classe 1996) residente a Seoul. La direzione artistica, Stefano Galanti e Maria Paola Zedda, ha voluto omaggiarlo con la proiezione dei cortometraggi Cashbag e Luxury Staycation e del suo primo lungometraggio The Fifth Thoracic Vertebra che è stato presentato quest’anno in anteprima al Bucheon International Film Festival, dove ha vinto il premio per il miglior regista e quello del pubblico, prima di iniziare un tour festivaliero che lo ha portato tra le altre manifestazioni al Torino Film Festival. Un lavoro particolare che sfugge a ogni definizione, la storia di un materasso abbandonato sul quale inizia a crescere della muffa e da essa una misteriosa creatura che si impossessa delle vertebre delle persone. A margine della proiezione abbiamo incontrato il regista per una chiacchierata sul film e più in generale sul suo percorso artistico.

Qual è il tuo percorso di formazione?
Ho vissuto in Canada dall’età di 5 anni perché mio padre voleva studiare latino e lingue moderne all’Università di Toronto e la mia famiglia si è trasferita là. Quindi ho trascorso la maggior parte della mia giovinezza all’estero. Quando sono tornato in Corea ho scoperto un Paese dominato dalla competitività, dove tutti gareggiavano per essere i numeri uno, in qualsiasi campo. Non riuscendo ad adattarmi al sistema educativo coreano, mi hanno mandato in un collegio in montagna. Lì non c’era quella competizione ed ero libero di fare quello che volevo. All’inizio pensavo di entrare nella scuola di fashion design, però qualcuno mi ha detto che la moda non è arte, ma industria commerciale. Ero molto giovane e ho pensato che non potevo farlo, avrei solo fatto film. Poi ho scoperto che sono più commerciali della moda! (ride)

Ma cosa ti ha spinto verso il cinema?
La prima volta che ho pensato di voler fare un film è stata quando ho visto Psycho. Il nostro insegnante di letteratura inglese, venuto in Corea del Sud dalla Nuova Zelanda, ce lo ha mostrato a scuola. Nonostante sia un film molto vecchio, la grammatica della suspense era davvero nuova per me. I film che avevo visto fino ad allora erano lavori come Alla ricerca di Nem” o altre animazioni ed è stato molto scioccante per me realizzare che solo con il montaggio si potessero creare sensazioni così realistiche. Guardare Hitchcock mi ha spinto a fare film. Quindi sono andato alla scuola di cinema, ma ogni cosa che facevo l’insegnante diceva: «Questo non è cinema», «Troppo sperimentale», «Troppo lento», «Non ha una storia». I cortometraggi proiettati qui al festival (Luxury Staycation e Cashbag) sono la risposta a quel problema, per laurearmi avevo la necessità di accontentare in qualche modo il mio insegnante. Ma dopo aver realizzato quei due film ho pensato che non era quello che volevo fare e ho continuato a sperimentare e sperimentare: The Fifth Thoracic Vertebr” è il prodotto di questa sperimentazione.

C’è un regista che ti ha particolarmente ispirato?
Il canadese Michael Snow, ma in Corea lo considerano più un videoartista che un regista.

Il tuo film mi ha fatto pensare a un altro canadese, David Cronenberg.
Mi piace Cronenberg, ho apprezzato il suo ultimo lungometraggio (Crimes of the Future), che è molto diverso da tutti i suoi film recenti. È più giocoso e semplice, come i suoi vecchi lavori.

Cos’altro ti piace guardare come spettatore?
Mi piacciono i pink giapponesi, i gialli italiani e in generale i film fatti con pochi soldi perché sono più radicali. Nel caso di quelli ad alto budget, li apprezzo se usano i soldi in modo stupido, per fare quello che vogliono. Qualsiasi film radicale è molto eccitante.

Lo è anche The Fifth Thoracic Vertebra. Da dove arriva l’idea di una muffa senziente che nasce e cresce in un materasso?
Non avendo a disposizione molti soldi, da quando ho iniziato ad andare alla scuola di cinema ho sempre vissuto in appartamenti davvero piccoli. Mi sono trasferito più volte, anche perché i contratti di affitto in Corea non sono lunghi, ma poiché i prezzi delle case continuavano a salire ogni volta dovevo spostarmi un po’ più lontano dal centro. Ora vivo in un posto che io considero Seoul, ma molte persone pensano che non lo sia. Una volta avevo un appartamento molto ben illuminato, la luce del sole è importante per me e ho sempre cercato questo requisito in ogni appartamento in cui ho vissuto, ma avevo sottovalutato l’umidità. Con la pioggia usciva fuori e si formava della muffa sul muro. Non importa quanto mi sforzassi per eliminarla, continuava a tornare. Alla fine ci ho messo sopra la locandina di un film, Uncut Gems, e me ne sono dimenticato. Dopo due anni ho dovuto lasciare l’appartamento e quando sono andato a toglierla, ho visto che il fungo era cresciuto enormemente. Da una macchia piatta si era trasformato in una cosa pelosa in 3D, era attaccata al poster e sembrava dirmi che non voleva morire. Ho provato empatia verso questo fungo e mi sono sempre chiesto cosa gli fosse successo dopo il mio trasferimento, se si trova ancora lì con il nuovo inquilino dell’appartamento o si è spostato in un’altra casa. Ecco da dove arriva l’idea del film. Volevo concentrarmi su una storia di crescita, dalla nascita alla morte, ma non di un essere umano. Anzi di un essere non umano che può insegnarci come essere umani.

Questa umanità si manifesta pienamente nel finale.
Il finale è ambientato vicino al confine nordcoreano. Ho pensato, dal punto di vista paesaggistico, che iniziare a Seoul e poi allontanarsi dalla grande città, verso territori sconosciuti, poteva essere una metafora della crescita. Man mano che la creatura diventa più umana, si distanzia anche di più dalla civiltà.

Una storia di crescita, come la definisci anche tu, scandita da un conteggio preciso del tempo. Da dove vengono tutti i numeri indicati nelle varie fasi del film?
In realtà non pensavo a niente, stavo montando e ho solo inserito alcuni numeri a caso! (ride)

Però emerge un concetto forte, poetico del tempo.
Dietro ci sono due motivi. Il primo è molto personale. Mia madre ha iniziato a scrivermi delle lettere prima che nascessi e lo ha fatto sino a quando ho compiuto 19 anni e mi ha dato questo diario che conteneva tantissime pagine di lettere. Non erano confessioni d’amore generiche, ma indicazioni molto specifiche come «Non bere caffè la sera» o «Devi andare a dormire prima delle 9:30». Cose del genere. A volte mi scriveva ogni giorno, altre riprendeva un anno dopo. Quindi era tutto molto casuale. Mi ha colpito molto, mi ha parlato del ricordo che non è flusso regolare. Il secondo motivo è più tecnico, deriva dallo studio della teoria del montaggio di Eisenstein. Secondo quella formula di base tutto è possibile: puoi mettere un’inquadratura accanto a un’altra e creare un’emozione. Tenere questo in mente mi aiuta a fare quello che voglio con il tempo.

Ritieni dunque l’aspetto del montaggio il più interessante nel fare un film?
In realtà non mi piace montare, ma nessun altro vuole farlo con miei film! (ride)

Parlando invece del lavoro sul set, segui un metodo particolare nella direzione degli attori?
Quasi tutti gli interpreti nei miei film non sono professionisti, sono soltanto amici o musicisti che mi aiutano. C’è una sceneggiatura, ma la dimentichiamo sempre e finiamo per improvvisare. La storia cambia perché l’improvvisazione apre la porta a più emozioni. Dato che non abbiamo soldi e non riceviamo finanziamenti dal governo o da qualsiasi istituzione cinematografica, allora non c’è nessuno lì a dirci cosa possiamo o non possiamo fare. Certo facciamo tanti errori. Questo film dura 65 minuti, ma abbiamo girato diverso ore. Taglio e prendo solo le cose buone.

E ti piace questa libertà derivante dall’assenza di finanziamenti?
No, non mi piace! (ride). Però è difficile ottenere soldi in Corea per fare quello che voglio. Chi mi darebbe un milione di dollari per un film su una muffa?

Il cinema coreano sta però vivendo un momento di grande espansione e visibilità internazionale.
È fantastico, ma non mi aiuta in alcun modo. Non ci sono fondi sufficienti per registi indipendenti e il cinema sperimentale è quasi inesistente in Corea.

Il tuo film sta comunque girando molti festival importanti e ricevendo buonissime recensioni da parte della critica. Come vorresti proseguisse la tua carriera da regista?
Non pensavo che il mio film potesse avere questo percorso. Mi piacerebbe seguire l’esempio di Albert Serra, ha una sua società di produzione e riceve finanziamenti da molti Paesi diversi. Vorrei fare come lui e provare a realizzare quanti più film possibile con un po’ di soldi e libertà. Non mi interessa entrare nella grande industria cinematografica.

Sul tuo prossimo progetto puoi anticiparci qualcosa?
Prende spunto dalla persecuzione dei Cagots in Francia. Ho letto di questa cosa e ho pensato che ci sono molte persone in Corea con origini etniche diverse non trattate come coreane perché hanno un aspetto o il colore della pelle differente. Vivono soprattutto vicino al mare e lavorano spesso nelle cucine, dove nessuno può vederli. Volevo fare un film su di loro e siccome in Corea gira voce che ci siano delle sirene vicino al mare, anche il mio film parla di sirene che però non sono sirene ma solo esseri umani ritenuti brutti. Abbiamo appena finito di girarlo e il primo montaggio è terminato.

Fabio Canessa

Viaggio continuamente nel tempo e nello spazio per placare un'irresistibile sete di film.  Con la voglia di raccontare qualche tappa di questo dolce naufragar nel mare della settima arte.

Articoli correlati (da tag)

Lascia un commento

Assicurati di inserire (*) le informazioni necessarie ove indicato.
Codice HTML non è permesso.

Questo sito utilizza cookie per il suo funzionamento. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. Se vuoi avere maggiori informazioni, leggi la Cookies policy.