The Killer Inside Me
- Scritto da Francesco Siciliano
- Pubblicato in Film in sala
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Stati Uniti, anni Cinquanta. Lou, un giovane affascinante e riservato, è il vice-sceriffo di una piccola città del Texas in cui in apparenza regnano pace ed armonia: sembra una persona tranquilla, diligente e rispettabile, ma in realtà dietro la parvenza di integerrimo tutore della legge nasconde una personalità oscura, sadica e truce. L’incontro con Joyce, una conturbante prostituta che ha una relazione clandestina con il rampollo di una famiglia molto in vista, risveglia improvvisamente in lui gli istinti peggiori. Dopo aver instaurato una relazione sessuale con la donna, Lou inizia ad intraprendere un inarrestabile quanto inspiegabile percorso di violenza, dando vita ad una lunga catena di omicidi che lo porta a distruggere la sua vita e quella di tante persone intorno a lui. I brevi momenti in cui scatena la sua ferocia omicida gli regalano un brivido di piacere.
Il fascino dell’orrore, la seduzione della violenza, l’istinto di morte che prende il sopravvento. Intorno a questi temi, sulla base di un romanzo di Jim Thompson (sceneggiatore di Stanley Kubrick per Rapina a mano armata ed Orizzonti di gloria), già portato sullo schermo da Burt Kennedy nel 1976, Michael Winterbottom costruisce The Killer Inside Me, un noir morboso ed ossessivo, tutto incentrato sulla figura di una perversa mente criminale dai modi controllati e calmi.
Alle prese con la sua prima produzione americana, il regista inglese vede una vicenda che funziona come uno specchio che riflette implacabilmente un mondo, il nostro, attraverso gli occhi di un serial killer: ne fa il protagonista
assoluto di un film spietato, duro e cruento, a volte ambiguo nel compiacersi della cattiveria quasi fumettistica del personaggio (cui presta il volto un bravo Casey Affleck). Quello a cui assistiamo non è tanto la storia 'logora' di un assassino seriale che semina morte nell’America profonda. Non è una critica sociale della violenza immotivata ed insensata, né dell’attrazione che la gente prova per il crimine. Non è un dramma che deplora la violenza gratuita di un individuo dalla vita vuota e senza futuro. Il film, piuttosto, è un’opera di stile pulp che adotta un linguaggio disorientante e crudo, rinunciando ad una narrazione realistico-psicologica, per passare al setaccio in modo diretto le forme assunte dalle pulsioni della follia omicida.
Oggetto negli Stati Uniti di polemiche sulla rappresentazione sgradevole delle scene più violente, The Killer Inside Me oscilla tra l’esuberante azione di certe parti e la tragica brutalità di altre. La violenza insita nell’uomo è il cuore nero della pellicola: la regia di Winterbottom la esplicita con una carica sorprendente, ma non sempre il suo punto di vista è del tutto convinto e chiaro. Così, pur vantando alcuni momenti di grande livello, il film si riduce ad un’odissea truculenta, avvincente ma senza particolari slanci: quella in parte già vista di uno 'sbandato' che, inevitabilmente, alla fine paga a caro prezzo la sua sete di sangue.
Il fascino dell’orrore, la seduzione della violenza, l’istinto di morte che prende il sopravvento. Intorno a questi temi, sulla base di un romanzo di Jim Thompson (sceneggiatore di Stanley Kubrick per Rapina a mano armata ed Orizzonti di gloria), già portato sullo schermo da Burt Kennedy nel 1976, Michael Winterbottom costruisce The Killer Inside Me, un noir morboso ed ossessivo, tutto incentrato sulla figura di una perversa mente criminale dai modi controllati e calmi.
Alle prese con la sua prima produzione americana, il regista inglese vede una vicenda che funziona come uno specchio che riflette implacabilmente un mondo, il nostro, attraverso gli occhi di un serial killer: ne fa il protagonista

Oggetto negli Stati Uniti di polemiche sulla rappresentazione sgradevole delle scene più violente, The Killer Inside Me oscilla tra l’esuberante azione di certe parti e la tragica brutalità di altre. La violenza insita nell’uomo è il cuore nero della pellicola: la regia di Winterbottom la esplicita con una carica sorprendente, ma non sempre il suo punto di vista è del tutto convinto e chiaro. Così, pur vantando alcuni momenti di grande livello, il film si riduce ad un’odissea truculenta, avvincente ma senza particolari slanci: quella in parte già vista di uno 'sbandato' che, inevitabilmente, alla fine paga a caro prezzo la sua sete di sangue.
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