Il cavaliere oscuro – Il ritorno
- Scritto da Francesco Siciliano
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Sgombriamo subito il campo da ogni dubbio: Il cavaliere oscuro – Il ritorno, terzo e ultimo capitolo della saga di Batman sotto l’egida di Christopher Nolan, il film più atteso della stagione dai fan dell’Uomo Pipistrello e forse anche dagli spettatori comuni, non delude le nostre aspettative: vale tutti i quattro anni di attesa dall’uscita di The Dark Knight (2008).
Ritroviamo Batman come non l’abbiamo mai visto: tormentato dai sensi di colpa, pieno di acciacchi fisici, afflitto da problemi economici, trascorre le giornate in vestaglia, aggrappato a un bastone, mimetizzandosi sotto le vesti ufficiali del miliardario Bruce Wayne, nel suo esilio forzato, lontano dal cuore di Gotham City che lo ha maledetto per essersi reso responsabile dell’uccisione del paladino della giustizia Harvey Dent (ma sappiamo com’è andata veramente: il finale de Il cavaliere oscuro parla chiaro). Il letargo dura da otto anni, poi un brutto giorno a risvegliarlo dal torpore ci pensa il cattivo di turno, Bane, un rivoluzionario, o meglio un terrorista, dotato di una forza disumana, ex affiliato della Setta delle Ombre (di cui Bruce è stato membro prima di diventare Batman), lega di guerrieri che ha come scopo quello di eliminare ciò che di marcio c’è nel mondo. Bane ha un piano folle ma terribilmente fattibile: distruggere Gotham City con un olocausto nucleare, per punirla della sua corruzione morale. Batman dovrà impedirglielo trovando dentro di sé la forza e gli stimoli per avere il coraggio di indossare di nuovo il mantello e di opporsi ancora una volta alla mostruosità di un Male che appare invincibile.
Se valutiamo il film in termini di puro intrattenimento, state pur certi che Nolan ha fatto le cose in grande: nei suoi momenti più concitati, Il cavaliere oscuro – Il ritorno instilla in chi guarda un senso dello spettacolo, della meraviglia, che è difficile riscontrare in altri blockbuster. Nolan non è Michael Bay, grazie al cielo: crea la suspense, l’emozione, il coinvolgimento – insomma quella sensazione di vertigine che solo il grande schermo è ancora in grado di produrre – giocando con una scansione del montaggio e dei tempi di attesa e con le prospettive di ripresa in maniera del tutto funzionale alla narrazione (intricata ma affascinante nel suo sviluppo ad incastri, uno dei marchi di fabbrica noliani) e ai caratteri dei personaggi (meno monodimensionali rispetto agli altri comic-movie a cui siamo abituati), coerentemente con una idea di cinema inteso come un gioco di prestigio che non sia fine a se stesso ma che diventi parte di esperienza non solo sensoriale.
Attenzione, però, non è tutto oro quello che luccica. Il motore dell’azione (le riflessioni sottotraccia sulla doppiezza dell’essere umano, sulla capacità del male di potersi insinuare anche negli animi più puri, sulla forza distruttrice della scienza…) sembra preso pari pari dai precedenti capitoli sull’Uomo Pipistrello, alcune new entry (Cat Woman, Robin) rappresentato più una concessione alla Warner Bros. per fare altri soldi con il prosieguo del franchise, il teorema secondo cui, nonostante
tutto, l’umanità corrotta possa sempre trovare il modo di riscattarsi (è il principio su cui si fonda la figura del Batman noliano) è un disco rotto che si ripete da Batman Begins senza apprezzabili variazioni di partitura… Mai come in questo atto finale, Nolan dà un po' l’impressione di aver finito il carburante delle idee (siamo lontani dalla tensione morale de Il cavaliere oscuro) e di essersi adagiato sull’‘usato sicuro’.
Nel complesso siamo comunque di fronte ad una degna conclusione della saga di Batman: un cinema per tutti, di qualità, che non spicca per originalità ma che dimostra una spettacolarità e un’intelligenza registica non comuni. Nolan si conferma uno dei pochi registi capaci di mantenersi a metà del guado tra intrattenimento e autorialità. Lunga vita a Christopher!
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