La obra del siglo (The Project of the Century) - Recensione (Festival di Rotterdam 2015)
- Scritto da Davide Parpinel
- Pubblicato in Film fuori sala
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Ai Giochi Olimpici di Londra 2012 Cuba collezionò 14 medaglie di cui 5 ori, 3 argenti e 6 bronzi. Un buon bottino considerando che per tradizione il paese caraibico non è competitivo in tutte le discipline. Sullo sfondo di queste vittorie, patinate e fintamente emozionanti, si staglia, però, la realtà di una Cuba incastrata in uno stato di stallo, di anestesia prolungata che ha incanalato in una vita senza sbocchi i suoi abitanti. Il giovane regista Carlos Quintela, classe 1984, cerca la radice di questo stato di cose nel suo film La obra del siglo. La individua appunto ne La Obra del Siglo detta in spagnolo, che in inglese suona come The Project of the Century, mentre in italiano si può tradurre come il progetto mai realizzato. Può essere così definita, infatti, la collaborazione tra l'Unione Sovietica e Cuba alla fine degli anni Settanta, che portò all'avvio dell'edificazione di una centrale nucleare nel paese retto da Fidel Castro. Fu impiegata molta forza lavoro nella costruzione e il morale dei cubani crebbe incredibilmente nel mito della grande potenza sovietica. Il progetto poi, si bloccò e la centrale non venne ultimata. A questo punto nasce l'idea della pellicola di Quintela che ha per protagonisti Leo, Rafael e Otto, rispettivamente il nipote sfaticato, il padre senza progetti di vita e il vecchio nonno burbero attaccato ai beni materiali.
I tre abitano insieme in un piccolo appartamento a L'Havana all'ombra del cantiere della centrale in cui Rafael era impiegato. Discutono, si scontrano, si odiano, ma non riescono a separarsi in quanto ognuno di loro ha bisogno dell'altro. Otto è l'emblema della Cuba rivoluzionaria, incastrata nell'adorazione di Fidel e dell'URSS; Rafael appartiene alla generazione degli sconfitti dallo Stato che tanto ha gonfiato il mito della Cuba antimperialista, per poi lasciar crollare questa ideologia di fronte all'evolversi della Storia e congelare in un presente anonimo la mente dei suoi abitanti. Chi sta peggio dei tre è Leo, abbandonato dalla ragazza, non compreso dal nonno e chiuso in un mutismo senza fine, perché senza ideali, senza prospettive, senza futuro, appeso a un unico valore, i suoi tatuaggi sulla pelle. Seppur apparentemente così separati tra i ruderi della centrale nucleare, padre e figlio cercano un legame, vogliono trovare delle emozioni comuni che li possano sostenere nel loro prosieguo di vita. Questo è il messaggio finale dell'analisi matura e consapevole di Quintela, che propone lo stato di cose, ne cerca le motivazioni e proietta una speranza.
La obra del siglo è certamente una pellicola di finzione, girata in bianco e nero come fosse un film d'altri tempi, ma la presenza di spezzoni di telegiornali, documentari e interviste a tutti coloro che si sono occupati dello costruzione della centrale, conferisce al prodotto finale una venatura di verità. Il regista, infatti, cerca il realismo, la prova, la certezza di ciò che mostra, perché la sua pellicola sia un documento, un manifesto e una testimonianza del suo Paese. Così facendo il giovane cineasta dimostra un impegno civile consapevole e la volontà di costruire un reale 'progetto del secolo', ossia una speranza esistenziale per i suoi cubani, che non si limiti alla patina patriottica-televisiva delle vittorie alle Olimpiadi.

Davide Parpinel
Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.
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