Heart of a Dog - Recensione (Venezia 72 - In concorso)
- Scritto da Massimo Volpe
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Settantacinque minuti di fluire ininterrotto di immagini, spesso ripetute con la mediazione di filtri diversi e a velocità differenti, il suono sempre presente, ma soprattutto le meditazioni di un'artista sotto forma di riflessione escatologica con riferimenti letterari-filosofici piuttosto impegnativi (David Foster Wallace, Ludwig Wittgenstein, Soren Kierkagaard, il buddhismo) in relazione al rapporto con l'amata cagnetta e con la madre: l'ardita opera di Laurie Anderson, musicista, pittrice, sperimentatrice di orizzonti audiovisivi da ormai oltre 40 anni, artista a 360 gradi insomma, è però un guazzabuglio pretenzioso mal riuscito in cui la regista fonde i suoi filmati personali sfocati e i suoi disegni con una teoria interminabile di parole, chiacchiere, riflessioni personali, commenti storico-politici senza un minimo di organicità ove si escluda il suo intimo omaggio alla amata cagnolina (la vera star del film) attraverso la quale il film ci espone le teorie buddhiste su quanto avviene dopo la morte, il peregrinare dell'anima nel Bardo per 49 giorni, una tappa di passaggio nella trasformazione che l'essere subisce dopo la dipartita.
Il senso della misura salva la regista, e soprattutto i malcapitati spettatori, dal pericolo che il fluire ininterrotto diventi diluvio e anneghi la pazienza e questo senza dubbio va riconosciuto alla Anderson.
Heart of a Dog porta all'estremo la ricerca visiva, alla quale però non si associa nulla a livello verbale: le immagini sono disgiunte, giacenti su un piano diverso, non c'è mai - tranne che nei momenti che raccontano il suo rapporto con la cagnolina - una interfaccia tra verbo ed immagine, col risultato di avere di fronte una opera probabilmente sentita dalla regista, ma lungi dal saper giungere al bersaglio. Si parla di buddhismo, del sonno, di pellegrinaggi spirituali, di eventi, di fantasmi, si snocciolano citazioni che risultano fredde alternandole a riflessioni sull'11 Settembre 2001, sul sistema di controllo vigente negli States, con una disinvoltura che lascia spesso sconcertati.
All'uscita della proiezione molti si domandavano quale significato avesse il film: in effetti ricercare il senso di ogni affermazione è impresa titanica e probabilmente inutile, meglio pensare, forse semplicisticamente e superficialmente, che Heart of a Dog è un modo elegante per dare un significato ultimo ai vecchi filmini in Super8 di famiglia che giacciono in fondo alle vetuste cassapanche.

Massimo Volpe
"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".
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