El cristo ciego (The Blind Christ) - Recensione (Venezia 73 - In concorso)
- Scritto da Davide Parpinel
- Pubblicato in Film fuori sala
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Da piccolo Michael un giorno chiese al fratello di inchiodargli le mani a una roccia in una sorta di crocifissione, per essere così più vicino a Dio. Tolti i chiodi, si avventurò nel deserto e qui si incantò a osservare un fuoco ardere. Da quel giorno il ragazzo è convinto di avere un potere miracoloso, da profeta. Ciò caratterizza la sua vita in un piccolo paese del Cile la cui comunità, però, non accetta il suo 'dono' e lo schernisce quotidianamente. Nemmeno il padre riconosce la veste divina del figlio, ma anzi lo ostacola quando il ragazzo decide di andare in un villaggio a curare il padre di un suo amico vittima di un incidente. Il giovane parte scalzo e nel suo percorso incontra e si scontra con ciò che vogliono gli uomini di quel luogo: credere in qualcosa che li possa realmente aiutare.
La riflessione del giovane regista cileno Christopher Murray si focalizza sui bisogni degli uomini. Michael, interpretato da Michael Silva, nel suo viaggiare per il Cile settentrionale incontra tra polvere e silenzio una comunità di persone prive di tutto, persino della casa, ma che conserva i valori. Questi sono innanzitutto religiosi. Michael giunge convinto della sua missione evangelica e si scontra con i devoti, con chi idolatra statue e immagini di santi e Madonne, per affermare la sua versione della Fede. Ciò allontana il ragazzo da alcune persone, mentre lo avvicina ad altre. Michael così comprende il valore umano, il calore familiare, il contatto vitale di uomo con uomo che rinfranca e sostiene l'esistenza che si può tradurre in un abbraccio come nella possibilità di indossare delle scarpe donategli da uno sconosciuto. I valori umani, infatti, sono l'altro elemento che Murray pone come fondamentale per credere e sostenere nella vita. Ciò emerge nel processo di mutamento di Michael e si instaura come cifra del film. Il regista mostra, infatti, ciò che alberga nell'animo del protagonista. Il vento solleva la polvere nei momenti in cui il giovane 'profeta' scopre che i suoi poteri non sono miracolosi e il silenzio, caratteristica del suo personaggio e dell'intera pellicola, si disgrega mano a mano che la solitudine di Michael si trasforma in condivisione. E così El Cristo ciego (The Blind Christ) acquista il suo significato più profondo.
Lo scopo del regista cileno, pertanto, si rivela. Quando non si è in possesso di nulla, in cosa credere se non nel prossimo? In una contemporaneità fatta di stenti ciò che può veramente sostenere la comunità incontrata nel viaggio è una persona, un giovane ragazzo e non necessariamente un'entità metafisica o un simulacro. E' credere in qualcosa di certo, come ha insegnato la madre a Michael quando era piccolo. In questa chiara esplicitazione concettuale della pellicola Murray difetta solamente nella scelta delle inquadrature, che per l'intero film si svolgono in un lento carrello da sopra a sotto, da destra a sinistra piano piano per mostrare e scoprire. Funziona in qualità di metafora per comprendere la crescita del protagonista, ma spesso distrae dalla narrazione.
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Davide Parpinel
Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.