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About Endlessness - Recensione (Venezia 76 - Concorso)

Roy Andersson torna con il suo stile fatto di inquadrature fisse a comporre dei tableau vivant in cui si alternano personaggi squisitamente surreali, che descrivono in modo dolce e crudele il lato tragicomico della realtà. Miglior regia alla 76esima Mostra del Cinema di Venezia

“Ci sono colpi nella vita, così forti… Io non so! ... E l’uomo…Povero… Povero!”

Sembra essere riassunta da uno dei versi di César Vallejo il nuovo film di Roy Andersson (che già aveva citato il poeta peruviano in Canzoni del secondo piano), chiosa disillusa dell’autore alla sua trilogia sull’esistenza. Infatti, a cinque anni di distanza dal Leone d'Oro vinto con Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza, il cineasta svedese torna alla Mostra di Venezia con una sorta di appendice alla sua personalissima analisi della condizione umana, premiata con il Leone d'Argento per la miglior regia. Poetica e messa in scena rimangono invariate: inquadratura fissa a comporre dei tableau vivant in cui si alternano personaggi squisitamente surreali, che descrivono in modo dolce e crudele il lato tragicomico della realtà.
La trama è come al solito quasi assente, essendo la composizione narrativa volutamente frammentata e discontinua. Solo alcuni personaggi fungono da legante fra le varie storie, in cui l’aspetto fondamentale è quello del contrasto ironico con cui queste molto spesso si risolvono o vengono chiuse. Tuttavia, il gusto per il riso dolceamaro e indulgente dell’autore nasconde una seria riflessione (spesso spietata) sull’emarginazione e l’isolamento nella società contemporanea. Rispetto alla pellicola precedente c'è molta più rassegnazione e malinconia, e forse anche meno incisività. Difatti, nonostante la bellezza al solito impressionante del lavoro tecnico (la fusione con le ambientazioni ricreate sul set è incredibile), domina una sensazione di déjà vu che sembra evidenziare nel film una certa stanchezza creativa. Ma Andersson sa come colpire lo spettatore, magari ricreando magicamente un quadro di Chagall (Sulla Città) grazie al suo straordinario gusto pittorico, oppure mettendo a nudo con una gag fulminante tutta la solitudine che ci circonda con disarmante tenerezza. Perché l'ironia grottesca che permea la visione del regista è sostanzialmente un tentativo di disinnescare l'incomprensibile mistero dell'esistenza, difendendosi dove possibile dalle sue assurdità e dai suoi colpi bassi, magari affidandosi disperatamente all'illusione (come recita un personaggio) che tutto sia comunque bellissimo, nonostante le tante brutture che affollano la vita dell'uomo moderno.

Pur non arrivando a una effettiva compiutezza artistica, About Endlessness regala momenti di grande cinema alternando sorrisi e malinconia, affrontando temi profondi con humour tagliente, senza mai rinunciare a una innata sensibilità anche nel suo apparente stile distaccato e canzonatorio.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3.5

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Video

Simone Tricarico

Pensieri sparsi di un amante della Settima Arte, che si limita a constatare come il vero Cinema sia integrale riproduzione dell’irriproducibile.

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