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The Crossing - Recensione (Far East Film Festival 2019)

Racconto di formazione e action movie con al centro una graziosa figura femminile, fanno di The Crossing, opera prima di Bai Xue, un lavoro interessante, maturo ed equilibrato

Finanziato dalla major cinese Wanda in ottemperanza al programma di incentivazione per i giovani cineasti voluto dalla China Association Filmmakers, The Crossing di Bai Xue è un lavoro nel quale la giovane regista ha messo al centro del suo interesse come protagonista una millennial, una giovane nata e cresciuta nella Cina dello sviluppo vorticoso ma al tempo stesso legata ad Hong Kong: Peipei è infatti figlia di quelle coppie miste nate dall’unione tra cinesi mainlander, solitamente di Shenzhen e dintorni, che è un po’ la porta della Cina continentale sull’ex colonia britannica, e gli abitanti di quest’ultima. I suoi genitori sono separati, la madre dedita al mahjong e all’alcool vive appunto a Shenzhen e non si preoccupa più di tanto della figlia, il padre vive invece ad Hong Kong con una nuova famiglia e la ragazza mostra verso di lui un attaccamento ben maggiore di quello verso la madre. Ogni giorno Peipei attraversa il confine per andare a scuola ad Hong Kong, in un istituto frequentato dalle classi sociali più elevate, ha un'amica del cuore, Jo, con la quale sogna di partire per il Giappone in vacanza e con cui passa gran parte del tempo una volta uscita dalle lezioni.
Del tutto casualmente Peipei si ritrova impelagata in un traffico illegale di iPhone tra Hong Kong e Cina, ma ben presto per la ragazza questa attività diventa una buone fonte di denaro con il quale poter finalmente intraprendere il tanto agognato viaggio in Giappone. Nel giro conosce il fidanzato dell'amica Jo, anche lui corriere di una organizzazione gestita con fare deciso e apparentemente maternalistico da una donna che conosce però bene come tenere legati a sé i giovani e che mostra per la ragazza, unica femmina del gruppo, una certa simpatia. Per Peipei ben presto il trasportare iPhone da una parte all’altra del confine diventa non solo un modo per fare soldi, ma anche per sentire il brivido del pericolo e per sentirsi finalmente legata ad una causa, lei che non ha praticamente famiglia e che di fatto non appartiene né alla Cina né ad Hong Kong.
Insomma il coming of age di Peipei si tinge di colori diversi, potandosi dietro parallelamente la problematica dell’appartenenza e quella delle scelte da effettuare, non solo relativamente alla sua attività di corriere, ma anche nel suo mondo affettivo.
L’opera prima di Bai Xue, nella quale figura come produttore esecutivo Tian Zhuangzhuang che della regista fu insegnante all’Accademia, è lavoro che ha lasciato il segno nel panorama cinematografico cinese, raccogliendo molte critiche favorevoli e riscuotendo riconoscimenti anche negli ambienti festivalieri. In effetti The Crossing è lavoro maturo ed equilibrato, doti non sempre riscontrabili in autori alla loro opera prima, soprattutto perché la regista ha tenuto a precisare in svariate circostanze, giusto per sgombrare il campo da polemiche o illazioni, che il suo lavoro non ha nessun intento né politico né di denuncia sociale; è invece, come ha ribadito in molte occasioni, un racconto nato quasi per caso dopo aver ascoltato una notizia di cronaca che parlava appunto di un giro di traffico illegale tra Cina e Hong Kong che vedeva coinvolti dei giovani. Un puro impulso di curiosità, insomma, accentuato dalla particolare condizione che riveste la città di Shenzhen, percorsa ogni giorno da migliaia di persone dirette ad Hong Kong, oltre all’interesse per lo status dei figli delle coppie miste che alternano la loro esistenza tra una parte e l’altra del confine.
The Crossing inizia insomma come il più classico dei coming of age, prosegue con qualche riflesso sociale relativo appunto ai figli delle coppie miste, e ben presto però si trasforma in un tipico film d’azione con i canoni più tipici del cinema di Hong Kong, sempre però, e questo è probabilmente il maggior pregio della pellicola, mantenendo l’attenzione sul personaggio di Peipei, a decretare la centralità del suo ruolo di giovane ragazzina, alla ricerca di una stabilità emotiva ma anche sostanziale, che nel suo oltrepassare il confine da una parte all’altra con la divisa di scuola e lo zaino in spalle diventa l’emblema della insicurezza e della instabilità.
Il personaggio di Peipei è quindi il traino di tutto il film e quello che ne viene fuori è un bel ritratto, al quale concorre in maniera decisiva la brava ventiquattrenne Huang Yao, dotata di una freschezza dirompente tale da annullare la differenza anagrafica con il personaggio. Attraverso il suo personaggio entriamo nel mondo della notte di Hong Kong, che viene rappresentata sempre percorsa da ritmi frenetici, e nei palazzoni ad alveare di Shenzhen dove vive con la madre, una bravissima Ni Hongjie, con lei attraversiamo il confine schivando gli agenti di frontiera, attraverso i suoi occhi vediamo aprirsi davanti a lei un mondo nuovo, sconosciuto, una entrata sul palcoscenico della vita in grande stile, anche se poi Peipei ci stupisce in un dialogo quando afferma che vorrebbe andare in un posto dove c’è la neve, per provare cosa è il freddo.

Anche The Crossing si inserisce insomma in quella fortunatamente abbastanza corposa lista di film del 2018 che hanno lasciato un buon segno sul cinema cinese, che se da un lato è sempre più orientato verso una stile iperhollywoodiano, dall’altro continua a offrire un vasto repertorio di cinema indipendente e di giovani autori in grado di saper presentare opere interessanti.




Il nostro giudizio: Il nostro giudizio è 3.5

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Massimo Volpe

"Ma tu sei un critico cinematografico?" "No, io metto solo nero su bianco i miei sproloqui cinematografici, per non dimenticarli".

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