Miss Violence - Recensione
- Scritto da Danilo Bottoni
- Pubblicato in Film in sala
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I titoli di testa avvertono che stiamo per assistere a qualcosa di realmente accaduto, più o meno. Non è l'invenzione di un tale. Siamo noi.
Una famiglia borghese composta da un nonno (Themis Panou, premiato con la Coppa Volpi alla Mostra del Cinema di Venezia 2013) e una serie di donne e bambini: moglie, figlia e nipoti. La festa di compleanno della nipote adolescente. La festeggiata che si uccide, con un sorriso, buttandosi dal balcone. Da questo incipit, lo svelamento progressivo delle dinamiche della famiglia e delle cause che hanno portato la ragazzina a togliersi la vita.
Mi piacerebbe non dire altro, sulla trama, per non togliere allo spettatore i continui spostamenti di prospettiva cui il regista sottopone la narrazione. Ma non si può, pena il silenzio. Si parte da una strana elaborazione del lutto, si passa alla denuncia della superficialità delle istituzioni e si prosegue sulla strada delle storie che raccontano di violenze e abusi domestici. Sembrerebbe, dunque, di trovarci di fronte a uno di quei tanti film di denuncia che, descrivendo situazioni più o meno 'estreme', vanno ad arricchire le programmazioni dei film d'essai. Perché quest'opera fa eccezione e fa meritare al regista il Leone d'Argento per la miglior regia a Venezia? Nel titolo del film, e nel conseguente morboso strip-tease della violenza, la risposta.
Il regista Alexandros Avranas dimostra che incesto e violenza domestiche sono un genere. Lo fa con feroce gusto, rivelando a poco a poco e in crescendo l'abiezione del capofamiglia e del milieu sociale in cui si muove, che è poi quello borghese. L'attenzione per una fruibilità tranquillizzante si rivela nelle sequenze più 'scandalose', mai eccessive. Tutto è sotto controllo e il limite del rappresentabile non è mai oltrepassato. Siamo in un soft-core della morbosità, una specie di allucinato teatrino necrofilo, in cui guardare dal finestrino l'incidente sapendo che potremmo essere noi, e godendone come scampati dalla peste, come chi sa che l'appuntamento è solo rimandato.
La violenza è in concorso. È finta. È patinata, nella sua fredda fotografia. Come una miss. A chi importa che dietro le forme delle ragazze ci siano anime. A chi importa che dietro le violenze ci siano vittime. Ciò che importa è intrattenere, divertire. E Miss Violence ci riesce, titillando con sapienza i più bassi istinti e il diffuso compiacimento per quanto c'è di disgustoso nell'animo umano.
La ragazzina che sorride, buttandosi dal balcone, sorride a questo, sorride a noi, malati di voyeurismo e d'indifferenza.