Superstar al Lido
- Scritto da Francesco Siciliano
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Sveglia. Come per ogni buon giornalista di stanza al Lido, la nostra giornata inizia alle 7.30. Ci svegliamo con il cervello ancora impegnato a sbobinare i significati nascosti del laconico film di ieri sera, l'opera prima del concorso Izmena (Betrayal) del russo Kirill Serebrennikov (già vincitore del massimo riconoscimento alla Festa di Roma con Playing the Victim nel 2006). Una pellicola che sembra scritta da Tonino Guerra e diretta da Michelangelo Antonioni. Atmosfere rarefatte, incomunicabilità, dialoghi straniati: questo e poco altro ci offre il regista russo per parlare di tradimenti che coinvolgono due perfetti sconosciuti intenti a stringere una relazione dopo aver scoperto che i rispettivi coniugi sono amanti. Cosa si prova a essere traditi? Come si può affrontare la consapevolezza che la persona che amiamo ha un altro uomo o un'altra donna? Sono le domande senza risposta che il film sembra porre allo spettatore. Il teorema del regista è: siamo preda di un fato che ci mette costantemente nelle condizioni di non riuscire a dominare le nostre pulsioni sentimentali (tant'è che anche i due protagonisti, dopo un'iniziale ritrosia, si comporteranno allo stesso modo dei loro coniugi: cioè finiranno a letto insieme). Fatalismo col fiato corto a cui non basta una messa in scena di indubbio talento (soprattutto nel modo in cui trasmette il disorientamento di cui sono vittime i due protagonisti) per convincerci della bontà delle intenzioni dell'assunto. Molti sbadigli a fine proiezione e la consapevolezza che un cinema antoniano (di cui siamo grandi amanti, sia chiaro) non può che essere anacronistico negli anni Duemila.

Andy Wahrol aveva visto giusto quando preannunciò che ognuno di noi potrà vivere 15 minuti di celebrità. Il regista Giannoli mostra per immagini l'altra faccia della medaglia della profezia di Wahrol: una società in cui la proliferazione delle immagini fai-da-te, il giornalismo partecipativo, la dittatura degli indici di ascolto, la cultura imperante per il trash, le reti dei social network hanno costruito una realtà artificiale che partorisce fenomeni da baraccone (noi italiani ne sappiamo qualcosa: basta sfogliare una delle tante riviste di gossip che popolano le nostre edicole o accendere la tv) per il puro gusto di continuare ad alimentare l'ossessione della celebrità, diventata il motore della nostra civiltà. Si ride con gusto, ma a denti strettissimi: il grande schermo sembra uno specchio deformato – ma veritiero – dei nostri tempi. Bravo Giannoli, quindi, per come usa il registro del grottesco-comico lasciandoci una terribile sensazione di inquietudine.

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