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X Lago Film Fest 2014: conclusioni e prospettive

Visionati gli ultimi corti, è giunto il momento di trarre le conclusioni sulla decima edizione del Lago Film Fest. Se alla luce della proposta cinematografica il vincitore scelto dalla giuria lascia un po' l'amaro in bocca, i presupposti della rassegna per crescere ci sono tutti

Il X Lago Film Fest è terminato. La notte buia ed eterna è calata sul Lago, sui volontari, parte energica della kermesse, sul cinema e le sue idee e su tutti i pensieri in merito al futuro di questa manifestazione.
Prima di tirare le somme, bisogna completare il discorso sulla proposta cinematografica. Democracia di Borja Cobeaga (Spagna, 2013) racconta in una situazione irreale e paradossale il metodo con cui il dirigente di un'azienda vuole tenere alto il morale dei suoi dipendenti. L'uomo propone la morte di uno degli impiegati, un martire scelto dalla fortuna, dal caso il quale, però, appare in parte pilotato. Il corto si presenta come un'amara riflessione sull'oggi. I temi quali la crisi del mondo del lavoro, la finta competizione su cui si basa, lo scarso rispetto per il prossimo e la inesistente volontà dell'uomo di ribellarsi e combattere, dimostrata nel corto nell'incapacità dei dipendenti di controbattere l'assurda proposta del leader aziendale, emergono nell'atmosfera ironica che pervade lo sviluppo narrativo. Questa rappresenta il punto debole della storia in quanto la ricerca del regista dell'effetto comico risulta ridondante e forzata, soprattutto nella calcata caratterizzazione caricaturale dei personaggi. Forse una maggiore concretezza e analisi da parte di Cobeaga avrebbe fatto emergere meglio le buone intenzioni del suo film.
Proseguendo nella direzione narrativa proposta da Democracia è apparso più efficace Century di Kevin Jerome Everson (Stati Uniti, 2013). Un peso metallico attaccato a una gru in uno sfasciacarrozze distrugge e polverizza un'auto. Ciò che si vede è semplicemente un'azione, continua e costante. Questa è così neutra da trovare la sua spiegazione all'interno di una metafora universale ed archetipica in cui chi osserva può trovarne il più corretto significato. Allo stesso modo può essere interpretata la pianta che cresce e si impossessa di un bosco e ne infesta la vita di The Rising di Nick Jordan (Regno Unito, 2014). Anche in questo caso l'azione è una sola: il regista inquadra come si sviluppa la vita dell'erbacea e come tre ragazzi siano intenti ad estirparla. La musica costante, i calibrati movimenti di macchina e la giusta tensione narrativa, espressa nelle inquadrature gelide e perfette della pianta nel contesto boscaiolo, suggeriscono inqiuetudine, malessere e una metafora da interpretare.
Questi ultimi due corti sono stati inseriti nel programma di Nuovi Segni cha ha davvero tracciato un solco artistico forte sulla programmazione. Qui sono state raccolte le tecniche più sperimentali, le storie più innovative, i messaggi più chiari, le metafore più illuminanti. Hätäkutsu di Hannes Vartiainen e Pekka Veikkolainen (Finlandia, 2013) è il più chiaro esempio di linguaggio innovativo. In un'atmosfera cupa e sinistra dominata dallo spigoloso colore nero e dal gelido grigio, si assiste alle chiamate di emergenza, vere, di uomini e donne in difficoltà, verso un call center meccanico e impostato con il volto umano e la voce quasi metallica. Il corto, oltre a suggestionare per l'atmosfera, induce a riflettere, pone degli interrogativi su una possibile rinascita dalla situazione tetra e di indeterminatezza umana qui descritta.
Nuovi Segni, dunque, si è distinto per la migliore capacità di proporre il contemporaneo anche per la selezione omogenea di stili e temi in cui sono stati suddivsi i corti nei blocchi di proiezione. Accanto, infatti, ad Hätäkutsu, i selezionatori hanno inserito brevi note meno drammatiche e più leggere. Ne è un esempio MeTube: August sings Carmen Habanera di Daniel Moshel (Austria, 2013) in cui in perfetto stile video da YouTube, quindi webcam fissa, quasi sgranata, un ragazzo canta l'opera di Bizet ironizzando sui molteplici video caricati sul canale in cui gli utenti si esibiscono in performance canore improbabili in contesti altrettanto impensabili. Allo stesso modo la caccia di tre amici di A lo oscuro mas seguro di David Pantaléon (Spagna, 2013) assume tinte grottesche e poetiche nel momento in cui due di loro aiutano l'altro, non vedente, a uccidere un cervo di cartone.

Le scelte finali della giuria del X Lago Film Fest composta da Carlo Gabardini, Joonas Makkonen, Simona Bonaiuto e Federico Pucci non hanno valutato Nuovi Segni capace di poter fornire il vincitore. La menzione speciale della sezione Unicef è stata assegnata aVigia di Marcel Barelli, corto dal tema ambientale-ecologico in cui un'ape cerca una casa naturale senza inquinamento. Nella sezione Veneto ha trionfato In Certain Amount Of Sun, diretto da Sara Bonaventura, in cui si spiegano le nature di un'entità dal nome Ku in uno stile a cavallo tra videoarte e fiction. La selezione Nazionale ha trovato il suo vincitore in 37°4 S diretto da Adriano Valeri, mentre per la categoria Nuovi Segni è stata asseganta la menzione speciale al francese Village Modele di Hayoun Kwon. Infine la giuria popolare ha assegnato un premio a Wide Eyed diretto Catherine Bisley, storia del conflitto tra madre e la giovane Jade, sua figlia, per la sua volontà di abbandonare la vita di famiglia.Il vincitore tra tutte queste menzioni e riconoscimenti è stato Noah di Patrick Cederberg e Walter Woodman (Canada, 2013) inserito nella sezione Internazionale. Attraverso la visione del monitor del pc del giovane Noah si scopre la sua vita social e poco reale che si dipana tra Facebook, Chat roulette, Wikipedia, YouPorn, tradimenti, finti amori e ripicche 2.0. Se la giuria ha voluto premiare il corto più attuale, più vicino alle dinamiche di conoscenza e interazioni moderne, ha compiuto una scelta discutibile in quanto Noah nella spiegazione di questo sottotesto appare superficiale e retorico. Il tono frizzante e dinamico, inoltre, unito a inquadrature digitali e a un ritmo accelerato rendono piacevole la visione, anche se il corto si caratterizza per essere una piccola narrazione non troppo significativa, proprio per la mancanza di analisi stilistica e contenutistica che invece ha caratterizzato molti altri corti.

Vincitori a parte, il XLFF si è caratteriizato per un programma ricco e ben amalgamato. Se all'inizio poteva apparire troppo generico e costellato da visioni altre rispetto all'usuale programmazioni dei corti, questo timore si è sconfessato nel corso dei giorni. Il festival ha saputo accogliere le diverse voci con cui si articola il visuale oggi. Gli incontri sull'animazione, gli approfondimenti sulla creatività sul web, le riflessioni sul cinema, quelli sul video, i talk sulla situazione della cultura, la finestra sulla televisione di Blob hanno permesso al LFF di incuriosire, affascinare e far riflettere. A questo panorama si associa la selezione dei corti che, nel largo uso sperimentare della tecnica, ha dimostrato come questo mezzo di espressione sia ancora alla ricerca di una sua vera struttura artistica. I diversi linguaggi di cui il corto si contamina, dal video, al lungometraggio, al puro motaggio, alla televisione, fino ad arrivare all'uso della metafora visiva, quasi ermetica, hanno messo in luce come non esista una precisa definizione stilistica del cortometraggio, ma è solo quasi da intendersi come una piattaforma di sperimentazioni.
Cosa quindi consigliare ai direttori del LFF alla luce del buon lavoro svolto quest'anno? Di partire proprio dalla ricerca sul corto, più che concentrasi sulle visioni moderne di rappresentazione. Avere un occhio di analisi sul contemporaneo è corretto e in quest'ottica si potrebbe analizzare lo stretto rapporto tra videoarte e corto, a cui accostare anche delle retrospettive su alcuni registi, come è stato fatto quest'anno con le proiezioni dedicate al giurato Jonaas Makkonen. Rendere ancora più presente e ampio, inoltre, il focus Eurovision, in cui sono stati proposti diversi corti provenienti da diverse nazioni europee, conferirebbe al festival di Revine una maggiore profondità artistica e storica.

Affermare cosa sarà il Lago Film Fest è davvero complesso. Ogni anno il lavoro di rincorsa dei direttori e dello staff organizzativo a risorse e sponsor è sicuramente sfibrante e può essere demotivante. Dalla loro, però, questi hanno tra le mani uno stumento che può e deve crescere per confermare il laboratorio attivo e pulsante qual è. Questo festival, infatti, non si soddisfa solo nella proposta, ma anche nella sempre più crescente volontà di conferire a chi guarda gli strumenti per comprendere quanto osservato all'interno di una location ogni anno sempre più affascinante. Questi sono ottimi e validi presupposti per crescere.

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