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Il cinema che ho visto: il grande schermo raccontato da Gian Piero Brunetta

L'ultimo libro scritto da Gian Piero Brunetta è una lettera di un appassionato di cinema a chiunque voglia scoprire il grande schermo. Ci sono i film, ci sono le storie, ci sono le voci dei personaggi, ci sono gli autori, c'è soprattutto il sentito e vivo ricordo di un uomo che ha dedicato la sua vita alla settima arte

Per chiunque conosca il cinema, la sua storia e la critica cinematografica Gian Piero Brunetta è un nome noto. Critico e storico del cinema soprattutto di quello italiano, ha ricostruito buona parte della sua storia, studiando le forme di fruizione e il suo ruolo all'interno della cultura e della società. Professore universitario in Italia e all'estero, critico de La Repubblica per molti anni, direttore di alcune collane di libri sul cinema per Marsilio, Editori Riuniti, Cappelli, Brunetta ha scritto una Storia del cinema italiano ed è stato curatore dell'opera Storia del cinema mondiale. Insomma l'accademico non è solo uno studioso di cinema, un indagatore della forma filmica, attraverso cui, con la sua opera di analisi, ha rintracciato e costruito la memoria del Novecento, ma soprattutto è un appassionato, un fruitore, un estimatore di questa arte. Proprio per riassumere i suoi studi, le sue teorie e le sue passioni, Brunetta ha scritto Il cinema che ho visto. Frammenti di un'autobiografia, edito da Carocci nella collana Sfere extra (15 euro, 231 pagine).

Le equazioni del libro. Come detto Il cinema che ho visto si compone di 231 pagine così suddivise: "Al lettore" è una piccola prefazione scritta dall'autore datata 1 maggio 2020 a cui seguono i capitoli: "Misura del mondo", "Storia/evento/mito", "Caratteri/identità", "Immaginazione/immaginario", "Persistenza retinica/grand tour", "Visibilità/invisibilità/spettatore", "Censura/tagli", "Vero/Falso", "Testo/testimone". L'opera si conclude con "Exit", un breve pensiero sulla parola "fine" e "Opere di riferimento" che raccoglie una bibliografia suddivisa per i diversi capitoli. Alla semplice lettura dell'indice si può pensare che i temi del libro siano proposti secondo degli accostamenti concettuali, su punti di partenza e punti di arrivo, come fossero delle equazioni utili a definire gli ambiti del cinema.

Quali idee e riferimenti per spiegare il cinema? Entrando più nel dettaglio, nella prefazione Brunetta si rivolge a chi legge raccontando i tempi di realizzazione del libro (durante il lockdown della primavera 2020), esponendo il pantheon dei suoi riferimenti e soprattutto introducendo il lettore a capire la sua intima e duratura relazione con il cinema. Tale concetto è ripreso anche nel capitolo "Misura del mondo" in cui l'autore afferma che la settima arte è il vero testimone oculare del Novecento e, ampliando il concetto, anche uno dei principali testimoni della storia dell'uomo. Brunetta aggiunge a riguardo che il cinema "ha contribuito a creare consensi collettivi" (p. 19) plasmando e diffondendo ideologie e pensieri e soprattutto ha osservato e registrato con il suo occhio meccanico la realtà. Nel capitolo "Storia/evento/mito" invece l'accademico descrive come il cinema si è servito della storia per muoversi tra le epoche, così da esplorare e porre in evidenza le possibilità drammaturgiche dello schermo, per arrivare, quindi, al mito. A tal proposito Brunetta scrive: "Per molti aspetti il cinema è stato il più potente vettore e acceleratore di particelle mitologiche e il più gigantesco collettore e trasformatore di miti del XX secolo" (p. 51). In questo capitolo come negli altri, le osservazioni dell'autore si intrecciano alle citazioni dei film, alla descrizione linguistica di alcune scene e dialoghi, prendendo spunto dai suoi studi e dalle sue visioni. I pensieri di Brunetta, inoltre, si avvalorano anche grazie ai riferimenti extracinematografici proposti, quali l'opera di Luigi Pirandello e le fotografie di Edward Steichen, o, più in generale, la letteratura, le arti figurative, il teatro, la musica citate dall'autore in particolare nel capitolo "Caratteri/identità". Qui per dimostrare come il cinema abbia giocato un ruolo determinante nella costruzione dell'identità europea, Brunetta rintraccia le radici comuni, in ambito europeo, tra queste arti e il cinema, permettendogli così di caratterizzarsi diversamente (e in maniera più autorevole) rispetto a quello americano.

Andando più a fondo. Proseguendo nella lettura, il capitolo "Immaginazione/immaginario" illustra come il cinema sia il vettore più efficace per spiegare come si forma e muta l'immaginario collettivo. Nel capitolo "Persistenza retinica/grand tour" Brunetta propone alcuni frammenti delle sue visioni di cinema come a costruire una personale storia, un immaginario cinematografico globale che nasce dalla sua memoria (questo capitolo è un viaggio senza fine tra film e autori da leggere tutto d'un fiato). Successivamente, l'autore prende in esame anche il ruolo dell'uomo comune nel cinema e di come sia entrato nella sua drammaturgia e nel linguaggio delle immagini (capitolo "Visibilità/invisibilità/spettatore"); qui Brunetta racconta dell'uomo, della comunicazione per immagini e dell'arte non solo in movimento. Interessante, inoltre, risulta anche la prospettiva lanciata dall'autore sul futuro della settima arte che dal 2020 sta divenendo sempre più on demand. Brunetta afferma che Netflix e gli altri players non sono da escludere dal futuro del cinema, perché possono proporre nuove forme di cinefilia non meno diffuse e competenti rispetto alla sala. Nel capitolo "Censura/tagli" è descritta la storia della censura che ha attanagliato il cinema sin dai tempi delle teorie del Lombroso, in quanto l'arte cinematografica si è spesso sottratta al potere istituzionale e alle forme di controllo. Poi ancora nel libro è trattato il tema della presenza della verità e del falso nella pellicola, indagando come il cinema sia da sempre anche il luogo della fabbricazione del falso. "Testo/testimone" si basa sull'idea del cinema come un testo, composto da linguaggio e lessico e come questo diventi memoria e anche testimonianza attraverso l'opera degli archivi e delle cineteche, nell'augurio dello stesso autore di avere nel corso del tempo sempre più forme nuove di conservazione e preservazione del testo. Ogni idea, ogni pensiero, ogni concetto è spiegato dall'autore attraverso un'analisi dettagliata di precise scene del cinema.

Dalla parola alla visione. Queste sono in sintesi le idee proposte da Brunetta ne Il cinema che ho visto. Andare così a fondo nei meccanismi concettuali e linguistici di una forma d'arte è sempre difficoltoso, eppure in questo libro tale analisi è scritta e descritta con semplicità, con un linguaggio chiaro, esaustivo, stimolante, quasi naturale. Naturale appunto. L'impressione al termine della lettura è che l'autore non abbia trovato difficoltà nel redigere il suo libro, che per lui spiegare il cinema visto e studiato sia stato naturale, come anche individuare i frammenti che danno i titoli ai capitoli. Il libro si propone, dunque, intriso di film citati, di riferimenti al cinema italiano e internazionale, di spiegazioni di misteri insiti in determinate visioni cinematografiche, di tessiture di cinema, di spunti da segnare al lato del foglio con un "da vedere". Questo libro è un grande racconto di cinema che andrebbe oltre che letto, ascoltato e visto seduti comodamente su una di quelle splendide poltrone poste nell'atrio del Museo del Cinema di Torino. Dagli altoparlanti, installati sui sedili, potrebbe uscire la voce di Brunetta, mentre sul mega schermo posto di fronte, potrebbe scorrere il cinema che lui ha visto.

 

Davide Parpinel

Del cinema in ogni sua forma d'espressione, in ogni riferimento, in ogni suo modo e tempo, in ogni relazione che intesse con le altri arti e con l'uomo. Di questo vi parlo, a questo voglio avvicinarci per comprendere appieno l'enorme e ancora attuale potere di fascinazione della settima arte.

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