Revenant - Redivivo - Recensione
- Scritto da Adriana Rosati
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Di questo film si sta parlando da lungo tempo, è una leggenda prima ancora di uscire e sta già collezionando premi (di pochi giorni fa l’incetta di Golden Globes e le ben 12 candidature agli Oscar). Leggendari sono i nove mesi che sono serviti per girarlo, leggendario il presunto ammutinamento del team contro le difficili condizioni del set, leggendari i paesaggi illuminati solo da luce naturale e l’attacco dell’orso. Non sono spoiler perché sono mesi che se ne parla! Insomma un gran chiasso mediatico (hype) che come al solito ha rischiato di rovinarmi il godimento e inficiarne il giudizio e mi ha messo addosso quel certo fastidio antipatico nel dire “questo tocca vederlo”.
Sebbene il regista Alejandro G. Iñárritu avesse proposto anche nel suo film precedente (Birdman - O l'imprevedibile virtù dell’ignoranza) una tematica tipica della mitologia nordamericana quale il divismo e le sue nevrosi, lo sfondo di questo film non potrebbe essere più lontano dalle luci di Broadway.
Il protagonista di Revenant - Redivivo è Hugh Glass, un cacciatore di pelli realmente esistito agli inizi dell’800. Attaccato dai nativi Arikara e da un orso grizzly durante una spedizione, Glass riuscì a sopravvivere grazie alla sua conoscenza del posto e alla sua determinazione e divenne un mito americano al pari di Davy Crockett. La versione cinematografica della storia è ispirata al libro The Revenant: A Novel of Revenge di Michael Punke del 2002.
Il film apre con l’attacco dei nativi Arikara ad un gruppo di cacciatori di pelli, coreografato in un lungo e incredibile piano sequenza. Glass e un pugno di superstiti si mettono in salvo e riescono a scappare, ma ben presto l'uomo viene attaccato da un grizzly che lo lascia a terra gravemente ferito. I suoi compagni non vogliono abbandonarlo, ma dopo poco si rendono conto che trascinare un moribondo impedirà loro il rientro alla base. Il capitano (Domhnall Gleeson) decide allora di proseguire e lasciare indietro due elementi del gruppo, John Fitzgerald (Tom Hardy) e Jim Bridger (Will Poulter) insieme a Hawk, il giovane figlio meticcio di Glass, con il compito di aspettare la morte del ferito e dargli sepoltura. Fitzgerald però ha fretta di andarsene e non vuole testimoni scomodi. Per questo commetterà un atto feroce che scatenerà la sua nemesi e alla lunga si ritorcerà contro di lui.
Da qui inizia l’Odissea di Glass che 'muore' simbolicamente e per il resto del film sembra agire come un involucro posseduto dagli spiriti ancestrali della natura e solo sopravvivenza e vendetta permetteranno la rinascita. Fallimento, sconfitta e abbandono della lotta non sono parte del disegno della natura ma solo un costrutto moderno, sembra suggerirci il film.
Iñárritu in una mossa un po’ sorniona e populista ha umanizzato Glass dandogli una moglie nativa ed un figlio che non c’erano nella storia originale, trasformandolo da semplice eroe di frontiera ad un eroe più universale. I legami e gli affetti famigliari sono il veicolo empatico di tutto il film, dall’orsa che quasi sbrana Glass per difendere i piccoli, all’esercito dei nativi Arikara, grigi fantasmi in cerca di perduti affetti.
Revenant è pervaso da una spiritualità quasi sciamanica. Nonostante i -40 del set, questo è un film bollente e latino nell’anima. Il regista messicano non ha mezze misure nell’orchestrare sentimenti e stati d’animo primordiali. Rabbia, dolore, disperazione e sete di vendetta sono urlati fino a stordire. Leonardo DiCaprio interpreta Glass con passione e con una forza vigorosa e viscerale. Lontani sono i tempi di Titanic: l’attore ha fatto molta strada evitando con un oculato slalom gli ovvi franchising e dimostrando grande talento (lo ammetto a denti stretti non essendo mai stata una sua fan!). Tom Hardy conferma il suo talento camaleontico nei panni dell’odioso Fitzgerald.
Il paesaggio (Canada e Argentina), infinito, splendido e brutale, che toglie il respiro, è fotografato da Emmanuel Lubezki e avvolge i personaggi e gli spettatori: copritevi bene perché in sala ci si sente gelare! Le musiche del Maestro Ryuichi Sakamoto sono potenti ma discrete al tempo stesso: a sottolineare i momenti più drammatici c’è solo il silenzio. Per non dimenticare l’incredibile sound engineering che ha un ruolo importantissimo in questa immersione nella natura.
Revenant è un prodotto corale di eccellente artigianato che ci consegna un’esperienza sensoriale indimenticabile. Questa volta l’hype non è riuscita a rovinarmi la visione di questo bellissimo film.
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Adriana Rosati
Segnata a vita da cinemini di parrocchia e dosi massicce di popcorn, oggi come da bambina, quando si spengono le luci in sala mi preparo a viaggiare.