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Far East Film Festival 2019: intervista a Hideki Takeuchi

Il giapponese Hideki Takeuchi, già regista di Thermae Romae, racconta la sua nuova bizzarra commedia: Fly Me to the Saitama. Dal lavoro di adattamento del manga alla scelta di Fumi Nikaido come protagonista

A fine intervista è lui che fa una domanda, ci chiede se abbiamo capito tutto del suo film. Inutile mentire, alcuni dettagli possono risultare incomprensibili per uno spettatore occidentale. Ma poco importa, il cinema è un linguaggio universale e la commedia il genere che più di tutti gli altri non ha confini. Così si ride, ci si diverte con una di quelle follie che solo i giapponesi possono realizzare. E in queste Hideki Takeuchi è ormai uno specialista dopo il successo dell’adattamento cinematografico del manga Thermae Romae di Mari Yamazaki. Anche per Fly Me to the Saitama l’ispirazione arriva dal mondo del fumetto, da un boys love (genere che ha come tema centrale l’amore tra due ragazzi) di Mineo Maya pubblicato in Giappone nei primi anni Ottanta e inedito in Italia. I protagonisti sono Momomi, studente liceale figlio del governatore di Tokyo e dalle sembianze molto femminili (è interpretato da Fumi Nikaido), e Rei (che ha il volto di Gackt, noto soprattutto come cantante) appena tornato in Giappone dopo un soggiorno di studio negli Stati Uniti e originario di Saitama. Il suo obiettivo è liberare la sua terra dal giogo della capitale perché nell’universo decisamente particolare nel quale si svolge la storia i saitamesi sono pesantemente discriminati dai residenti di Tokyo, tanto che per accedere in città serve loro un passaporto. Una commedia surreale, distopica, pop, barocca in cui si mescola antico e moderno, come succedeva in Thermae Romae. “L’obiettivo era perdere quanto più possibile il senso della realtà e passare da un’ambientazione che sembra quella dell’antico Giappone a una contemporanea serviva a questo, a spiazzare lo spettatore. Deformare ed estremizzare delle situazioni aiuta a ottenere un effetto comico. Per lo stesso motivo il ruolo di Rei è stato affidato a Gackt anche se lui ha più di quarant’anni e interpreta un liceale e quello di Momoni a Fumi Nikaido, nonostante il personaggio sia un ragazzo”.

Ancora una volta si è cimentato nell’adattamento di un manga. Quali caratteristiche deve avere una storia a fumetti per convincerla a trasformarla in un film?
Non c’è un tipo specifico di manga di cui vado alla ricerca. Non ho pregiudizi, ognuno può avere qualcosa di interessante che mi colpisce e movimenta la mia fantasia. Per esempio Thermae Romae aveva l’argomento particolare della Roma antica. In questo caso invece a colpirmi inizialmente è stata l’idea di come una storia del genere, in un mondo dove bisogna fare molta attenzione al politically correct, giochi con il tema della discriminazione. Facendo poi capire che il tema principale sia l’amore per la propria terra. Questo è il messaggio che mi interessava mettere in evidenza nel film.

Ma qual è la sfida maggiore per un regista nel portare un manga sullo schermo?
Per prima cosa non bisogna mai scordarsi che esiste un bacino di fan del manga ed è importante non tradire le loro aspettative, lavorare quindi per far sì che trovino interessante la stessa storia nella forma cinematografica. Per rispetto del soggetto originale la cosa che faccio sempre è un’analisi precisa degli argomenti presenti nel manga, per capire bene i motivi del successo tra i lettori. Partendo da questo poi mi sento libero di sviluppare la storia a modo mio.

In questo caso rispetto al soggetto di partenza ci sono differenze sostanziali nella versione cinematografica?
In realtà il manga è breve, formato da soli tre capitoli, e si conclude con la fuga da Tokyo di Rei, aiutato da Momoni, quando si scopre che lui è di Saitama. Tutto il resto è originale, a cominciare dalla parte di Chiba che è stata aggiunta da me e contiene anche un elemento personale perché io vengo proprio da lì. Si può dire che in pratica solo i primi trenta minuti, un quarto del film, si agganciano al manga. Da quel momento in poi è tutto originale.

Protagonista del film, insieme a Gackt, è l’affermata attrice Fumi Nikaido che è stata in qualche modo lanciata dall’Italia quando vinse giovanissima, nel 2011, il Premio Mastroianni a Venezia per la sua interpretazione in Himizu di Sion Sono. Perché ha pensato a lei per questo film e cosa ha dato al personaggio di Momomi?
A livello visivo ho immaginato subito sarebbe stata perfetta per il ruolo anche se il personaggio in realtà è un ragazzo. Inoltre volevo come coprotagonista da affiancare a Gackt, che non ha tanta esperienza cinematografica, una persona di grande talento nella recitazione e lei pur essendo giovane ha già dimostrato in tanti ruoli le sue potenzialità. Spesso confrontandosi, come nello stesso Himizu, con delle parti difficili in cui mostra il punto più profondo della natura umana. Nella commedia non basta essere esagerati, serve comunque una costruzione realistica del personaggio e per le sue doti ero convinto Fumi Nikaido potesse dar vita a Momomi nel modo più efficace. La devo ringraziare anche per i preziosi consigli che mi ha dato sui boys love che da lettrice conosce, mentre io non avevo mai approfondito. Sono state preziose le sue indicazioni su come rendere meglio alcune scene e creare una cornice estetica in grado di catturare il pubblico amante di questo genere.

Com’è stato accolto il film dagli abitanti di Saitama che prende simpaticamente in giro?
Bene, il film sta portando alla ribalta Saitama che tradizionalmente è sempre stata negli ultimi posti delle prefetture per popolarità. Questo perché dal punto di vista naturalistico non ha per esempio sbocco sul mare e da quello culturale una storia particolare. È considerata piuttosto come una bed-town, una zona periferica dove risiedono i lavoratori di Tokyo che fanno i pendolari. Ma in realtà è un posto dove si vive bene e i saitamesi ne devono essere orgogliosi.

E nel film ne escono vincitori, pronti a saitamificare il mondo.
Rientra sempre nello spirito satirico del film. Credo sia importante salvaguardare le differenze, riscoprire quanto l’amore per la terra di origine e per le sue particolarità sia bello e importante.

* nella foto, con la posa della tortora simbolo di Saitama nel film: Mark Schilling (consulente per la selezione giapponese), Sabrina Baracetti (presidente del Far East Film Festival), il regista Hideki Takeuchi, Thomas Bertacche (coordinatore del Far East Film Festival)




Fabio Canessa

Viaggio continuamente nel tempo e nello spazio per placare un'irresistibile sete di film.  Con la voglia di raccontare qualche tappa di questo dolce naufragar nel mare della settima arte.

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