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Lost in Chateau Marmont

  Sofia Coppola“Mi piace raccontare i momenti di transizione nella vita delle persone”, dice Sofia Coppola. Che torna alla Mostra del Cinema di Venezia per presentare in concorso Somewhere, parabola esistenziale di un attore alla deriva in cerca di un equilibrio interiore, ambientata in un lussuoso hotel di Los Angeles

La Mostra del Cinema di Venezia ritrova Sofia Coppola, una vecchia conoscenza degli habitué del Lido. Era il 2003 quando la figlia di Francis transitò al festival lagunare con Lost in Translation, grande successo di critica e pubblico: uno studio del malessere interiore in mezzo a solitudini, sentimenti sussurrati e siparietti comici, che fece parlare di lei come di uno dei talenti della macchina da presa più promettenti in circolazione. Ora torna con la voglia di vincere il Leone d'oro con Somewhere, altro viaggio nell'anima di individui smarriti, in uscita nei cinema italiani in circa duecentocinquanta copie grazie a Medusa, che lo ha co-prodotto.
Gli anni passano, ma il cinema della Coppola rimane coerente nell'esasperata ricerca dell'invisibile delle emozioni quando i suoi personaggi devono fare i conti con un'esistenza che sembra diventata una gabbia nella quale è difficile trovare una via di fuga.
Cosa ci posso fare? Mi piacciono le storie che parlano di momenti di transizione nelle vite delle persone”, dichiara la regista in occasione di un incontro con la stampa italiana nel Salone degli Stucchi (immortalato in una celebre scena di ballo in C'era una volta in America, di Sergio Leone) dell'Hotel Excelsior. “In Somewhere però, pur mantenendo molti punti di continuità con i miei precedenti lavori, mi sono spinta oltre: ho cercato di allargare gli orizzonti del mio sguardo, esplorando temi, come quello della difficoltà dei rapporti tra padri e figli, e contesti, in particolare quello dello show-business nella città di Los Angeles, in grado di spostare il mio cinema verso una nuova direzione”.
Sullo schermo scorre la parabola di Johnny Marco, una star hollywoodiana con alle spalle un matrimonio fallito, dongiovanni impenitente che trascorre le sue giornate ad oziare, stando rinchiuso gran parte del tempo nel lussuoso hotel Chateau Marmont. I suoi interessi sono il sesso occasionale, il bagno in piscina, le bevute di birra, i giri in macchina a bordo della sua Ferrari, gli striptease a domicilio di due conturbanti professioniste. Impassibile a tutto ciò che gli accade intorno, Johnny vive in uno stato di totale inerzia, finché non viene costretto a passare alcuni giorni in compagnia di Cleo, sua figlia, una ragazzina che si sente abbandonata a se stessa. Tra i due piano piano si stabilisce un forte legame che lascerà un segno profondo nelle loro vite. Nel ruolo del padre c'è Stephen Dorff, in quello di Cleo Elle Fanning.
images/stories/articolo_sofia_coppola.jpgI due personaggi nascono dal vissuto della Coppola. “Nel film evoco ricordi che appartengono al rapporto tra me e mio padre – spiega la regista –. Alcune scene, come quella in cui Cleo impara a giocare al tavolo del casinò, sono prese dalla mia adolescenza. Per fortuna mio padre non era proprio come Johnny!”.
Per costruire i loro personaggi e favorirne l'interazione sul set, Dorff e la Fanning confessano di aver trascorso molto tempo insieme. “Stephen era convinto che per sviluppare bene i nostri ruoli avremmo dovuto familiarizzare – racconta la piccola Elle –. Così, prima di girare, siamo andati a visitare le location, dove abbiamo iniziato a conoscerci bene”.
Quello che dice Elle è vero”, ribatte Dorff. “Ricordo che un giorno sono andato a prenderla a scuola: mentre eravamo in macchina sentivo che incominciavo a preoccuparmi di lei come se fosse la mia vera figlia”.
Si conferma la capacità della Coppola di imprimere nelle immagini un mood sonoro del tutto particolare in linea con i sentimenti dei personaggi. “Mi diverte scegliere le musiche dei miei film – afferma la regista –. A volte penso al commento sonoro delle scene già in fase di scrittura della sceneggiatura”.
A suggellare un'ora e mezza di cinema genuinamente introspettivo c'è un finale aperto all'ottimismo. Quasi che la presenza di Cleo sia riuscita a liberare Johnny dal torpore in cui era sprofondato a causa di una vita che gli aveva dato soldi, fama e belle donne, ma non la cosa più preziosa: la felicità. “L'irruzione della fanciulla nella vita del padre – sottolinea la Coppola porta ad un cambiamento. La mia intenzione era quella di mostrare quanto un figlio possa influenzare, nel bene e nel male, le prospettive e le priorità di un genitore. L'arrivo di un figlio cambia tutto... È un aspetto su cui ho iniziato a riflettere quando ero in attesa della mia seconda figlia. Il film ha preso forma in quei momenti”.

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